“Kadija”
I campi informali in Giordania nella zona di Al-Mafraq
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La crisi siriana rappresenta una delle pi gravi crisi umanitarie ù dalla seconda guerra mondiale.
Dall’inizio del conflitto nel 2011 e, soprattutto a partire dal 2012, il flusso di profughi riversatisi
nei paesi vicini si è intensificato in quantità e rapidità.
Attualmente il Regno hashemita accoglie circa 680 mila rifugiati ufficialmente registrati, ma in
realtà il numero è decisamente superiore ai dati dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i
rifugiati (Acnur/Unhcr): si stima infatti che raggiunga la quota di 1 milione e 300 mila persone in
un Paese di 11 milioni di persone con una situazione socio-economica già precaria.
Un numero cospicuo di siriani tende a scappare dai campi profughi in Giordania per rifugiarsi
nelle zone urbane in cerca di lavoro e condizioni migliori e una forte pressione si riscontra nelle
aree del governatorato di Amman e Mafraq. Una volta usciti dai campi formali i siriani privi di
risorse economiche si installano in tende nei campi informali (ITS) localizzati in aree
marginalizzate e lontane da servizi di ogni genere.
Il campo profughi informale di Kadija si trova nella zona di Al Mafraq a pochi km. dal confine
siriano e ospita circa 15 famiglie/gruppi per un totale di 160/180 persone circa.
La ong “Vento di Terra” si occupa di progetti di assistenza sul territorio. Con loro ho potuto
visitare il campo ed intervistare alcune persone che ci hanno raccontato le loro storie.
Il dittico disegna due mondi paralleli in cui le persone vivono/sopravvivono in uno spazio di
emergenza e sussistenza che mantiene il ricordo dei luoghi abbandonati da cui sono dovuti
scappare.
La maggior parte è qui da più di 7 anni e siamo a soli 20 km dal confine con la Siria ma molti di
loro non potranno raggiungerla perchè la loro casa non esiste più o perchè rischierebbero la vita
in quanto oppositori di Bashar al-Assad.
In Italia i recenti arrivi in Sicilia si caratterizzano sempre dai numeri; numeri di sbarchi, di
persone nei barconi, nei centri di detenzione, numeri e statistiche che, tra l'altro, dimostrano
come l'Italia ne accolga meno di tutti.
La dimensione ridotta di questo campo e del numero dei rifugiati ci “costringe” ad osservarli in
quanto persone e non numeri. Persone che hanno un nome, come Donya, Haya, Safa, Jana,
Tasneem, Farah, Zahra, Heba, Salwa, Yomna, Lareen, Hoda, Jomana e Kadija che è l'interprete ed
è una collaboratrice di Vento di Terra che ci ha guidato nel campo e ci ha fatto conoscere le
persone fotografate e le loro storie.