L'Iran è un paese immenso e poco conosciuto su cui insiste una disinformazione che lo dipinge come uno stato bellicoso e pericoloso. E' invece più corretto raccontarlo come una popolazione estremamente pacifica ed accogliente, la più ospitale che io abbia mai incontrato in 40 anni di viaggi, governata da un regime islamico formato da “religiosi dogmatici settuagenari che impongono il loro modo antiquato di vedere le cose a una società giovane (60% ha meno di 35 anni) e diversificata”.
Gli iraniani non cercano una nuova rivoluzione e “Vorrebbero che il rosso dei loro campi di papaveri non ricordasse più il sangue dei manifestanti “(Azar Nafisi, Leggere Lolita a Teheran)
Di fronte ai divieti, che sottolineano la natura illiberale della Repubblica iraniana che, è bene ricordarlo, è un ibrido tra una democrazia e un regime autoritario, gli iraniani adottano da anni una serie di contromisure che permettono loro di arginare queste limitazioni. La società civile, insomma, si organizza come può e con piccoli stratagemmi riesce a svolgere attività per le quali sarebbe difficile, se non impossibile, ottenere permessi dal governo. E' una rivoluzione silenziosa che sta cambiando una società che sta vivendo nuove aperture e contraddizioni nonostante le molte resistenze del potere, nella ricerca di una sua forma di libertà interiore. Il social network Telegram è la rete principale di comunicazione. Facebook e Twitter invece sono bloccati ma di fatto moltissimi iraniani li usano attraverso i VPN, software che servono per camuffare il posto da cui un utente si collega a Internet. Instagram è diffusissimo e con più 45 milioni di account è al 5° posto nel mondo, molto prima dell'Italia. Ma anche questo è un dato oscurato da molti siti di informazione e statistiche.
Da “stato canaglia” a “grande opportunità economica” a seconda degli interessi e dei cambiamenti politici del momento, convive tra passato e presente, conservatori e riformisti, religiosi e laici, dittatura e democrazia, dove tutto si scontra e si interseca in uno spazio temporale che marcia inesorabilmente verso il futuro.
Il velo e lo smartphone sono elementi contraddittori che nelle immagini convivono, si sfiorano e si scontrano con il sorriso di un popolo ospitale e curioso che sogna una normalità negata. Un identità forte e determinata di uno dei pochi paesi del terzo mondo che non è mai stato una colonia e che sente e conosce il peso della storia e della civiltà millenaria di cui è testimone.
La memoria è una proprietà privata su cui il potere non ha diritti.“
(Shah in Shah - Ryszard-Kapuscinski)
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